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lunedì 11 febbraio 2013

Crisi Argentina

Che la crisi in Argentina si stia aggravando lo dimostra l’ultima uscita del ministro degli Esteri, Hector Timerman, il quale in visita a Londra ha affermato che le isole Falklands torneranno sotto il controllo argentino nei prossimi venti anni. Il collega inglese William Hague parla di “bullismo” e assicura che esse rimarranno suolo di Sua Maestà per secoli.
Una disputa, quella tra Buenos Aires e Londra, che culminò nella guerra tra i due stati del 1982, con la signora Margaret Thatcher che allora portò a casa una vittoria preziosissima per la sua credibilità tra i sudditi britannici.

Argentina e Fondo Monetario Internazionale al muro contro muro

E sembra tornare ai toni nazionalistici del regime militare, che non a caso cadde all’indomani della rovinosa sconfitta bellica. La presidenta Cristina Férnandez de Kirchner è stretta tra le crescenti tensioni sociali e un progressivo isolamento al di fuori dei confini del Sud America. Una settimana fa, il Fondo Monetario Internazionale ha intimato al governo di Buenos Aires di pubblicare dati più affidabili su pil e inflazione, ritenuti poco credibili un pò da tutti gli istituti indipendenti. I primi a non credere che i prezzi siano saliti del 10,8% nel 2012 sono i sindacati, in protesta con governo, il quale nasconderebbe, stando alla media degli istituti privati nazionali e stranieri, un tasso d’inflazione tra il 25 e il 30% (Argentina nel caos, la Kirchner prova a imbrigliare l’inflazione).

Pil Argentina in picchiata: Buenos Aires rallenta anche nel Mercosur

Certa, invece, è la frenata dell’economia, con la crescita del pil passata dall’8,8% del 2011 al 2,5% del 2012. Le merci argentine perdono competitività anche nel Mercosur, con il paradosso che mentre l’area di libero scambio dell’America Latina allarga il numero dei suoi membri, l’interscambio interno crolla, a vantaggio delle economie dell’Alleanza del Pacifico, con il Panama cresciuto nel 2012 oltre il 10%, quando Brasile e Argentina arrancano.
Non giova agli investimenti stranieri, poi, la propaganda nazionalista della Kircher, perché al contrario l’Argentina avrebbe bisogno di capitali dall’estero per crescere. Invece, le polemiche continue sul default del 2001 e lo scontro scientificamente programmato della presidenta contro banche e istituzioni finanziarie internazionali hanno scatenato un pò il panico tra gli investitori, specie dopo l’esproprio senza indennizzo ai danni della spagnola Repsol.

Default Argentina atto secondo? 

Le restrizioni alle esportazioni, il ferreo controllo del cambio, la politica protezionistica, la battaglia contro il capitalismo made in USA ed Europa stanno portando il Paese sull’orlo del baratro, con il timore che presto si debba assistere a un secondo default, dopo quella di 12 anni fa.
L’inflazione galoppante ha scatenato le proteste dei lavoratori dipendenti, mettendo in pericolo il consenso interno granitico di cui ha ad oggi goduto la Kircher. Tanto che il governo vorrebbe introdurre una discutibilissima legge restrittiva sull’editoria, al fine di impedire ai gruppi contrari alla sua politica di avere più spazio del dovuto.
Siamo alla censura. l’Argentina della presidenta è sempre più simile al Venezuela di Hugo Chavez, non a caso sostenuto vigorosamente dalla prima. Rieletta solo un anno fa, la Kirchner vorrebbe mettere mano alla Costituzione, per assicurarsi un terzo mandato. Intanto, accese le luci sulle ombre della sua gestione dell’economia e delle finanze, il Paese sembra imbarcarsi in un nuovo disastro, quando avrebbe bisogno di imitare le pratiche migliori di attrazione dei capitali esteri, già in atto da anni in altri contesti del Sud America.

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